I disperati non hanno più un tetto, dovrebbe bastare un cielo di stelle e pioggia freddo vento.
Disperati vengono da terre lontane hanno perso tutto, non hanno conquistato niente,
chiedono umanità e ascolto.
Trattengono violenza e sgomento dell’ essere fuori, mentre chi è dentro fa polvere sotto il tappeto, gioca con ruspe con il marchio “non c’è una grande voglia di vedere o di capire o trovare una soluzione”.
Tante parole, magari troppe, propaganda e asini in cielo. E ai disperati non interessano, loro diventeranno polvere prima di noi o forse no.
Ci sono invece parole magiche, educazione e costruire cultura di empatia e integrazione ( certo non hanno un brand).
Ma io lo vedo
ognuno pensa per sé
per quel piccolo mondo in cui già si trova disperato e alle strette con finzioni quotidiane.
E i disperati veri,
loro sì con un tetto di stelle o di nuvole,
freddo nelle ossa che ricordano, comunque, i mari attraversati oltre i tanti buchi neri di memoria.
E noi cosa siamo? Stiamo in molti su paurose isole deserte, naufraghi di azioni reali.
(relazione)
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