Sai, pare abbiano aperto un nuovo locale veg vicino casa tua, in quella strada attraversata quasi ogni sera, di giorni di anni e tanti fà, strada di cento metri in rettilineo dal cancello di casa mia al portone di casa (assai troppo nicotinizzata) dove stavi tu.
Il rifugio, la fuga, l’abisso, l’alibi del compromesso, la depressione e la dipendenza, questo.
Quella strada era triste, poca roba il calzolaio e niente più, ora il business è arrivato.
Quando ci ripasso in quella strada poi mi trovo di fronte il portone chiuso e la serranda abbassata della tua camera, chissà chi ci vivrà ora. Ma io ricordo tante cose…
del non detto, della ragazzina in bianco e nero del non è mai cominciata prima di cominciare, di quell’anello girato tra le dita al tuo annuncio di fine che poi non poteva esserlo perchè tu e io non volevamo lo fosse.
Ci vuole un compleanno, poi, anni dopo per mettere la parola giusta: the end e non continua…
Tu avevi messo fine già da tanti anni prima, poi l’hai scritta davvero quella parola, l’avevo capito dopo quella telefonata mentre io suonavo, l’ultima.
Ora, non posso più incontrarti per farti sapere di tutto quello che è cambiato, delle altre strade attraversate più o meno tristi, ma forse tu già sai e mi sai vedere
perchè non è tutto bianco o nero, giusto o sbagliato
ci saranno altri compromessi
ma ci sono scelte che io faccio, la mia politica di inclusione o esclusione e no, non li scambiamo i numeri di telefono e voglio moltitudine, cielo e libertà
però ti volevo dire di questo ristorante vicino da te,
in quella strada attraversata quasi ogni sera di giorni, di anni e tanti fà.
sì credo che ve la suoniate e ve la cantiate assieme,
dicevi di voi, conosciuti nei momenti di inizio della fine